| 01: Londra
La ragazza si stiracchiò ed emise un sonoro sbadiglio, mentre usciva dal suo appartamento; quella sera aveva un'importante partita di Quiddich e come star dei London Abes doveva almeno essere puntuale. Prese una piattaforma che l'avrebbe portata ai livelli superiori e appena arrivò a destinazione si ritrovò davanti un piccolo gruppo di fans. Sorrise e si avvicinò a tre bambini, che tenevano la pluffa sopra la loro testa e saltavano per attirare la sua attenzione. - " Ehi, ragazzi. " li salutò, prendendo la pluffa da uno di loro. - " Ginny, firmala, ti prego. " la implorò il bambino, porgendole insistentemente il pennarello - " Sicuro. " La ragazza firmò la sfera e la passò al ragazzino; sapeva che aveva fatto un enorme sbaglio, appena ne firmi una ne arrivano immancabilmente altre, e infatti gli altri due bambini le passarono la loro pluffa. - " Anche a noi. " - " Sì, d'accordo, tranquillo. " Il gruppo di fans si strinse attorno a lei e si rese conto che sarebbe arrivata sicuramente in ritardo. - " Ok, ora devo proprio andare. Fate il tifo per me, ok ?" disse, mentre restituiva l'ultima pluffa autografata al suo proprietario. Uno dei tre bambini di prima le tirò la manica del giubbotto timidamente, facendola voltare. - " Ci insegnerai il Quiddich, vero, Ginny ?" Presa un pò alla sprovvista, Ginny tentennò; non credeva di poter insegnare quello sport a qualcuno, sì, era brava, ma suo fratello Charlie era più adatto e se fosse stato qui avrebbe certamente riso. Il ricordo del fratello la infastidì. - " Ma certo, forse stasera dopo la partita ..." - " Stasera non puoi. " Una voce infantile alle sue spalle, la interruppe. Si voltò brevemente per vedere chi fosse, ma non aveva mai visto quel ragazzino, il quale indossava una casacca dai disegni strani; il cappuccio, di quest'ultima, gli copriva il volto. - " Meglio domani, sì, domani. " rispose infine. I tre ragazzini sorrisero raggianti, le loro braccia automaticamente si allargarono poi si spostarono in avanti, prima di ripiegarsi, le loro mani si misero l'una sopra l'altra, come se tenessero fra di esse una piccola pluffa, ed infine si inchinarono leggermente; il tipico segno di rispetto che fanno i giocatori di quiddich. Ginny rise e salutò il piccolo gruppo di persone, prima di avviarsi di corsa verso lo stadio di quiddich, che non era poi così distante da casa sua, anzi casa di Charlie. La ragazza correva lungo il ponte, che attraversava tutta la città di Londra la più tecnologica di tutto il mondo. Piattaforme mobili trasportavano i londinesi per i vari livelli della città, raggiungendone le viscere o il più alto dei grattacieli. L'imponente stadio di Quiddich era la più grande costruzione di tutta Londra e si poteva vedere in qualunque posto ci si trovasse. Il Big Bang lontano parecchie miglia da lei le ricordò che era in ritardo, ma non poteva fare a meno di rimanere incantata ogni volta, davanti a quello spettacolo che si stagliava davanti a lei. Grattacieli, cupole di vetro così illuminate che sembravano degli enormi satelliti. Sorrise alla bellezza della sua amata città natia, chiedendosi quando si sarebbe stancata di lei, poi il suo sguardo cadde sulla foto gigantesca di suo fratello, appesa ad un palazzo proprio lì davanti, e il sorriso le si spense. Charlie era il miglior giocatore dei London Abes e aveva portato la sua squadra alla vittoria per molti anni, quindi era un eroe in quella città. Però dieci anni prima era sparito nel nulla e non si seppe mai dove fosse finito e se era ancora vivo. Ginny si accigliò e fece un gestaccio molto eloquente all'uomo dal sorriso sprezzante ritratto in quella foto. Davanti all'entrata riservata ai giocatori c'era un folto gruppo di persone, che appena si accorsero di lei, le vennero incontro; si pentì di essere arrivata così tardi. Si diresse verso l'entrata più in fretta che poté, anche se qualcuno l'afferrava per la giacca, facendola fermare. - " Lasciatemi, sono in ritardo. " Continuava a dire, appena qualcuno tentava di bloccarla. Finalmente riuscì a varcare la porta e solo allora salutò i fans, che al suo gesto urlarono incoraggiamenti, saluti, dichiarazioni d'amore tutte in una volta, che rese tutto incomprensibile per lei. Sorrise e sparì dalla loro vista, per andarsi a cambiare. Nello spogliatoio i suoi compagni erano già pronti e appena la videro entrare, nei loro volti la preoccupazione sparì. Ginny non disse loro nulla e si spogliò, per indossare la divisa. Quando era piccola aveva sempre sognato di indossare quegli abiti e dimostrare a Charlie che non era meno di lui. Prese la casacca scarlatta priva di maniche e, dopo aver indossato i pantaloni neri, la indossò pensando che le dispiaceva che suo fratello non fosse qui, solo per sbattergli in faccia la realtà. Non sei invincibile, Charlie. Si infilò il maglione dello stesso colore, con il numero cinque stampato sulla schiena, la cintura, parastinchi e paragomiti. La ragazza prese la scopa, si sedette sulla panca, posta al fondo della stanza, e appoggiò la testa al muro, concentrandosi prima della partita stringendo il manico liscio della scopa, che aveva sulle ginocchia. La porta si aprì e un addetto li avvertì che era ora. L'immenso stadio era stracolmo di persone e appena i giocatori entrarono in campo, sfrecciando sulle loro scope, iniziarono ad incitare. Ginny sfrecciò davanti alla curva occupata dai tifosi della squadra avversaria, con un'espressione sbeffeggiante, guadagnandosi un certo numero di insulti. Dall'altra parte della città un uomo camminava lentamente sopra il tetto di un grattacielo; indossava un lungo cappotto rosso, un'enorme spada gli pendeva da un fianco e portava sul naso un paio di occhiali da vista. Uno dei suoi occhi era chiuso e probabilmente inutilizzabile. Nonostante fosse ancora giovane, il suo volto aveva un'espressione tormentata e dura, per questo ne dimostrava molti di più. L'uomo sollevò una giara che portava a tracolla e ne tolse il tappo. Da essa ne uscirono piccole gocce di liquido trasparente, che galleggiarono brevemente davanti a lui, per poi allontanarsi e andare ad unirsi alla palla d'acqua che si stava formando proprio a qualche miglio più in là, fuoriuscendo dal Tamigi. I London Abes intanto conducevano la partita con largo vantaggio. Ginny aveva già ricevuto una botta da un bolide e aveva un sopraciglio spaccato e sanguinante, ma nonostante ciò nessuno riusciva a fermarla. Passò la pluffa a un compagno vicino, il quale segnò un altro punto colpendola al volo con il braccio. Quei tiri spiazzanti li aveva inventati Charlie e alla fine tutti ormai lo imitavano. La ragazza fece un sorriso ironico e ripartì per tornare in difesa. Fuori dallo stadio si era scatenato il panico; ormai la palla d'acqua aveva acquisito delle dimensioni preoccupanti ed era impossibile non notarla. L'uomo dal cappotto rosso passeggiava tranquillamente sul ponte, dove qualche minuto prima era passata Ginny, mentre attorno a lui la gente scappava per allontanarsi il più possibile dal pericolo. I palazzi vicini a quella palla sembravano essere risucchiati da essa, mentre le sue dimensioni continuavano a crescere. Uno degli avversari intercettò la pluffa e schizzò a tutta velocità all'attacco. Ginny lo seguì, stando a qualche metro sopra di lui, poi si mise a testa in giù, aspettando il momento giusto per rubargli la pluffa. Qualcosa però attirò la sua attenzione, lasciandola completamente sgomenta. Non riusciva a credere ai suoi occhi, eppure c'era un'enorme palla d'acqua a qualche miglio da lei. Ci fu un secondo in cui non udì nulla, c'era il più assoluto silenzio; non si sentivano più neanche le urla sguaiate dei tifosi. Improvvisamente da quella palla fuoriuscì, ad altissima velocità, qualcosa che non riuscì a identificare. Seppe solo che, qualunque cosa fosse, colpì anche lo stadio e tutto intorno a lei stava crollando. L'imponente stadio di Quiddich stava crollando, come un castello di carte colpito da un soffio di vento. Qualcosa colpì la sua scopa e il manico si ruppe, facendole perdere il controllo. Ginny ruotò su sé stessa e, prima di riuscire a mettere il manico dritto, o almeno ciò che ne era rimasto, iniziò a cadere. Sapeva che se fosse caduta lì sarebbe stata seppellita dalle macerie, così tentò di uscire all'esterno. Cercò di tirare su la scopa, cosa che fortunatamente le riuscì, e uscì fuori, prima che un pezzo di una delle gradinate la colpisse. Una volta fuori,c la ragazza atterrò malamente e cadde al suolo. Si mise a sedere e si massaggiò la testa, toccò la ferita senza volerlo e cacciò un urlò di dolore; era la botta del bolide. Si guardò attorno e vide alcuni londinesi scappare dallo stadio distrutto e decise di seguirli, si mise in piedi e camminò zoppicando leggermente, lasciando la scopa distrutta dietro di sé. Quando lo vide emise un verso sorpreso; era da un bel pò che non lo vedeva, ma era proprio lui ne era sicura, d'altronde non era cambiato per niente. - " Harry !" lo richiamò a gran voce, per farsi sentire al di sopra del frastuono che c'era. L'uomo dal cappotto rosso si allontanò da ciò che rimaneva del muro dello stadio, su cui si era appoggiato, e si voltò verso di lei. - " Cosa ci fai qui !?" chiese Ginny, ma lui si limitò a fissarla con un'espressione indecifrabile. - " Ti stavo aspettando. " le disse, con voce calma, prima di avviarsi verso il ponte. - " Ma ... Aspetta !" Ginny, perplessa dal comportamento del tutto calmo dell'altro, lo seguì sempre zoppicando un pò. La gente andava tutta dalla parte opposta alla sua e, per colpa di questo, perse di vista Harry. Si guardò attorno, ma non vide da nessuna parte l'uomo, si girò anche dalla parte opposta, ma non ve ne era alcuna traccia. Stava per chiamarlo, ma la voce le si bloccò in gola appena vide nuovamente quel ragazzino, con indosso quella strana casacca. Intorno a loro solo silenzio. La ragazza notò che le persone erano ferme, bloccate nella loro corsa verso la salvezza. Ritornò a guardare quel ragazzino, che le sorrise bonariamente. - " Sta iniziando. " disse, con la sua voce infantile. - " Huh ?" Cosa sta iniziando? Si chiese Ginny, perplessa. - " ... non piangere. " sussurrò. La ragazza si avvicinò a lui, ma prima che potesse toccarlo, svanì, e tutto attorno a lei ricominciò a muoversi. La ragazza scosse la testa confusa e riprese la sua corsa. Rivide Harry poco lontano e notò che stava andando dalla parte sbagliata, infatti se avessero proseguito lungo quel ponte sarebbero finiti proprio davanti a quella palla d'acqua. - " Non da questa parte. " disse all'uomo, afferrandogli la manica vuota, dove avrebbe dovuto esserci il braccio sinistro, ma Harry preferiva tenerlo poggiato in un'apertura del cappotto. - " Guarda. " le disse, senza distogliere lo sguardo dalla palla. Ginny fece come aveva detto e vide che ormai era alta nel cielo. - " Lo chiamano Sin. " aggiunse Harry. - " Sin ?" Ginny era confusa; cosa diavolo era questo Sin? E cosa voleva fare Harry? L'uomo iniziò nuovamente a camminare, ma improvvisamente si bloccò e Ginny, che lo stava seguendo, sbatte contro di lui. La ragazza seguì il suo guardo e vide qualcosa attaccato ad un palazzo; aveva tentacoli dalle punte luminose, che muoveva lentamente, mentre quello che doveva essere la testa era incastrata all'interno della costruzione. Ginny non aveva visto nulla di simile. E' un mostro, si disse, sorpresa. Da esso volarono altri mostriciattoli più piccoli, ma molto simili a insetti giganteschi. Caddero proprio davanti a loro e allargarono le ali, minacciosi. Alcuni si avvicinarono e la ragazza li scacciò muovendo le braccia, poi cadde all'indietro, appena un mostro la stava per attaccare. - " Tieni, un regalo da parte di Charlie. " disse Harry, porgendole una spada dalla lama rossa e dalla punta curva. La guardò sorpresa e poi si rivolse all'uomo. - " Da parte di mio fratello ?!" Lui si limitò ad annuire. Ginny afferrò l'elsa e si alzò, appena Harry lasciò andare la presa dalla spada, lei cadde in avanti. Pesava molto e lei non se lo era aspettato. - " Saprai usarla ?" chiese l'uomo, brandendo la sua. La ragazza lo guardò con un'espressione offesa, poi sorrise sprezzante. - " Sicuro. " disse, stringendo l'elsa con due mani e si chinò leggermente sulle ginocchia sbucciate e doloranti, per assumere una posizione di difesa. - " Bene. Facciamoci strada. " intimò lui, prima di scattare in avanti e colpire uno di quei mostri, facendolo volare da una parte con la forza del colpo, quello emise un urlo stridulo, prima che il suo corpo emettesse deboli luci dai colori tenui. La ragazza rimase per un secondo ferma, chiedendosi cosa fossero, ma poi seguì l'uomo, colpendo i mostri che le si paravano davanti come meglio poteva. - " Stammi dietro, ragazzina. " le urlò Harry, mentre continuava a correre lungo il ponte; davanti a lui la via era libera. Ginny grugnì per il dolore alle ginocchia, ma accelerò il passo. Alla sua destra c'era la foto di Charlie, che la guardava e le sorrideva, con il suo solito sorriso di superiorità. Cos'hai da ridere, maledetto?! - " Harry, andiamocene da qui !" urlò, per farsi sentire dall'uomo, che era a qualche metro davanti a lei. - " Siamo attesi. " mormorò Harry, dopo essersi fermato. - " Cosa ?" gli chiese, con il fiato corto. I due si fissarono per un breve istante, poi l'uomo ripartì e la ragazza sospirò. - " Una pausa ?" disse sarcasticamente, prima di seguire l'altro. Ginny si bloccò appena sentì il terreno tremarle sotto i piedi. A provocare quel trambusto era stato lo stesso enorme mostro che era attaccato al palazzo, solo che questo era atterrato sul ponte. Davanti a lui c'erano dei piccoli mostriciattoli a forma di insetto e dietro invece c'erano delle grosse uova nere; speriamo che non si aprano, pensò ardentemente. Harry stava già uccidendo i mostri più piccoli, prima dedicarsi a quello più grosso. - " Vieni ad aiutarmi o vuoi stare là per sempre ?" chiese l'uomo, facendo volare un mostro giù dal ponte. Ginny si avvicinò un pò intimidita, mentre l'altro faceva fuori l'ultimo insetto gigante. - " Harry, come facciamo a sconfiggerlo ?" gli chiese, poggiando la punta curva della spada per terra, per riposare le braccia. L'uomo emise un verso infastidito e colpì uno dei tentacoli. - " Colpisci quelli. " si limitò a dirle, prima di colpirne un altro. Il mostro irrigidì i tentacoli rimasti e Ginny cadde in ginocchio, confusa e dolorante; era come se il suo corpo fosse schiacciato da una mano invisibile. Anche Harry fece un verso di dolore, ma rimase in piedi. La ragazza si rialzò e scosse la testa, le orecchie le fischiavano e anche l'aria le era improvvisamente mancata. - " Muoviamoci a farlo fuori. " intimò l'uomo. I due partirono all'attacco, tagliando tutti i tentacoli del mostro, quest'ultimo si accasciò da un lato e il suo corpo emise sempre quelle luci tenui, che salivano lentamente verso il cielo. Ginny rimase ad osservarle un attimo; era uno spettacolo strano. Harry camminò in mezzo alle uova chiuse e lei lo seguì, temendo che da un momento all'altro si sarebbero aperte. Fortunatamente non accadde nulla e i due proseguirono la loro corsa verso Sin. Il tratto di ponte davanti a loro era completamente libero e la ragazza ne fu sollevata; era esausta, continuava a correre tenendo quella dannata spada con tutte e due mani e questo l'affaticava non poco. Sentì Harry imprecare e vide un numero imprecisato di quelle grosse uova nere cadere dal cielo, le quali si schiantarono al suolo e si aprirono, diventando quei dannati mostriciattoli insetto. Ginny strinse i denti e sollevò la spada. Maledizione! Mi hanno letto nel pensiero?! Pensò, colpendo uno di loro, ma un altro venne subito a sostituire il compagno. Erano circondati. - " Così non andiamo da nessuna parte. " mormorò l'uomo, prima di scattare in avanti e colpire un altro mostro, poi notò un veicolo in bilico sul ponte; sicuramente il rimorchio conteneva materiale esplosivo. - " Colpisci quello. " intimò, indicando il punto in cui il veicolo era collegato al rimorchio. - " Cosa ?! Colpirlo ?!" Uno dei mostri stava per colpirla, ma lei lo schivò e si avvicinò al veicolo. Colpì più volte con violenza quel punto, il rimorchio si staccò e cadde giù. Il veicolo schizzò in avanti, travolgendo alcuni mostri insetto. Harry l'afferrò e i due iniziarono a correre più veloce che poterono; sotto di loro il rimorchio esplose e l'onda d'urto li sbalzò in avanti. Ginny cadde e la spada le volò dalle mani. - " Corri, muoviti. " grido l'uomo, ma un'altra esplosione copri la sua voce. La ragazza prese la spada e la infilò nella cintura, prima di riprendere la sua corsa; il ponte era sprofondato a causa dell'esplosione e l'altro pezzo era più in alto. Strinse i denti e accelerò, quando arrivò sul bordò saltò e riuscì ad appendersi per miracolo. Harry era in piedi davanti a lei ed era girato dall'altra parte. Il pezzo di ponte si sollevò ulteriormente; stava per essere risucchiato dall'enorme vortice sopra di loro, che non era altri che quel Sin. - " Harry !" urlò la ragazza, dopo che una mano mollò l'appiglio; la spada pesava troppo e non ce la faceva più a reggere sia il suo peso che quello dell'arma. L'uomo non diede cenno di averla sentita. - " Sei sicuro ?" chiese lui, rivolto a Sin. - " Harry !" lo richiamò nuovamente, Ginny. Finalmente l'altro si voltò e l'afferrò per il maglione della sua divisa. La sollevò e la tenne a pochi centimetri dal suo viso. - " Tutto inizia qui. Questa è la tua storia. " sussurrò enigmaticamente, l'uomo. La ragazza iniziò a urlare quando si sentì risucchiare dentro Sin.
- " Ehi ! Ehi !" Charlie? Era la voce di suo fratello, ma quando aprì gli occhi non lo vide da nessuna parte. Galleggiava al di sopra una Londra distrutta, ma di lui nessuna traccia. Sotto di lei c'era Charlie, ma quando lei si avvicinò, l'uomo non c'era più. Davanti a lei c'era solo una bambina, con i capelli rossi e con dei vestiti troppo larghi per il suo corpo smilzo. Le due si osservarono, una imbronciata e l'altra perplessa, in silenzio. Poi la ragazza si addormentò e sognò di essere sola, terribilmente sola.
|